Mancavano ancora tre ore al decollo dell’aereo, un arco di tempo irrisorio se confrontato con i mesi che aveva trascorso a New York, ma che adesso le sembrava infinito. Tre ore, ancora tre lunghissime ore, e poi finalmente il conto alla rovescia sarebbe cominciato. Si sarebbe seduta accanto al finestrino, nel posto che lei stessa aveva scelto, non troppo in fondo, non troppo a metà, avrebbe sistemato il bagaglio a mano nella cappelliera e poi avrebbe aspettato con pazienza che tutti prendessero posto, gustando ogni attimo di quella cerimonia laica e sempre uguale che era la partenza di un volo internazionale. Avrebbe osservato con attenzione le istruzioni di sicurezza, si sarebbe allacciata la cintura e poi avrebbe chiuso gli occhi. Al momento del decollo avrebbe trattenuto il fiato, assaporando la vertigine che ogni volta la avvolgeva da capo a piedi come si fa con i sapori forti e deliziosi: il wasabi, il peperoncino, lo zenzero.

Avrebbe pensato a sua madre, alle sue mani fredde che le spalmavano la crema solare d’estate, a suo padre, alla pazienza con la quale da piccola la aiutava a fare i castelli di sabbia, e a suo fratello, che per farle dimenticare le delusioni d’amore la portava in vespa a respirare il profumo del mare. Avrebbe scacciato via la paura abbracciandoli tutti e tre con i ricordi: l’aereo avrebbe raggiunto il punto più alto del cielo, i motori sarebbero tornati silenziosi, la voce del comandante avrebbe augurato a tutti buon viaggio. E lei si sarebbe di colpo sentita felice. Non vedeva l’ora di stringere a sé la sua famiglia e forse, pensava, avrebbe potuto ingannare quelle lunghissime tre ore comprando loro un regalo di Natale. La frenesia della Grande Mela e le responsabilità imposte dal programma del Master l’avevano distolta da tutto ciò che non fosse legato allo studio, lo shopping era passato in secondo piano. Per sei mesi le sue giornate avevano seguito un percorso docile e lineare, fatto di routine e momenti piacevoli, che certo avrebbe ricordato volentieri e per sempre. La colazione al bar sotto casa, con caffè lungo e bagel al cinnamon, l’attesa in metropolinata con la sua musica preferita nelle orecchie, la camminata fino all’ingresso della Columbia University, circondata da foglie rosse e giallo oro. E poi i giardini, gli edifici in stile inglese a mattoncini, l’aula studio piccola e calda, i compagni di corso cordiali, provenienti dalle zone più disparate degli States e del resto del mondo.

Non era sola, non si era mai sentita sola: New York l’aveva accolta nel migliore dei modi, aiutandola a trovare una buona stanza, degli ottimi insegnanti, degli amici in gamba. Ma la luce della sua casa di campagna in Toscana, il caos dei pranzi con i parenti la domenica, la pressione delle zampe del suo cane puntate sul petto, il profumo del ragù di sua madre, il rumore che faceva suo padre trafficando con gli attrezzi in garage: tutto questo, doveva ammetterlo, le mancava, le era mancato ogni giorno, e di questo attaccamento si era anche un po’ vergognata. “Sono una sempliciotta? Una mammona incapace di staccarsi dalla famiglia?”, si era chiesta. Poi, durante uno dei suoi lunghi pomeriggi di studio, distogliendo gli occhi dal libro per portarli oltre il vetro, aveva trovato la risposta. Un cartello pubblicitario chiedeva ai passanti: “Perché cerchi il paradiso altrove, quando è già dentro di te?”. Non ricorda cosa pubblicizzasse la scritta, ma il messaggio era arrivato. Aveva una famiglia gioiosa, straordinaria nella sua semplicità. Che male c’era nel sentirne la mancanza? Ancora due ore la separavano dalla partenza, era giunto il momento dei regali. Era cresciuta sul mare ma New York le aveva insegnato che anche la neve può essere romantica e aiutarti a creare il tuo mondo immaginario, fatto di storie ovattate che si consumano al calore di un camino o nella luce calda di una candela. Avrebbe portato un po’ di quella atmosfera a casa, comprando un flacone di Profumatore per Ambiente Note di Natale Acqua dell’Elba, con note di arancia, mandarino, miele e cannella. Un dono per tutta la famiglia, da condividere anche con i parenti, proprio nel giorno di Natale. Ma non era abbastanza.

I suoi le avevano pagato quel Master, regalandole un sogno, e suo fratello l’aveva sostenuta in tutta la fase preparatoria, quando studiava giorno e notte per superare i test di ammissione. Voleva dirgli grazie, dimostrargli quanto loro fossero la colonna portante della sua vita. Lo aveva capito a fondo proprio durante quel viaggio: un giorno sarebbe diventata qualcuno, un futuro radioso l’aspettava, ma loro sarebbero stati per sempre la sua insostituibile squadra. A suo fratello avrebbe preso un Eau de Parfum Sport Acqua dell’Elba, con profumo di limone, bergamotto e pepe, e a suo padre un Eau de Parfum Essenza Uomo Acqua dell’Elba, con pompelmo, cisto di mare e salvia. Il mare, che li aveva visti crescere e giocare, sarebbe stato un bel testimone del loro Natale. E a sua madre, punto di riferimento di ogni cosa, l’isola più importante dell’arcipelago, avrebbe invece regalato l’Eau de Parfum Arcipelago Donna, con le note fruttate di limone, mandarino e albicocca. Quella mano vellutata che le spalmava la crema e la abbracciava teneramente, quel collo morbido nel quale affondare quando la vita era troppo dura, d’ora in poi avrebbe avuto un profumo speciale: quello del mare e dei suoi fiori spontanei, quelli che sbocciano nella sabbia e ti seguono col pensiero ovunque tu vada, anche quando ti allontani, anche quando affondi i piedi nella neve, riempiendoti di bellezza e di coraggio, per sempre. 




RACCONTI

L'Essenza dei ricordi

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I ricordi servono a farci rifiorire. Ogni giorno

Un Natale tutto nostro

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La sua squadra del cuore aveva perso di nuovo.

Un mare d’amore

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Era stato un anno difficile ma anche molto bello

Il Fuoristrada

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Sorriso smagliante, atteggiamento spavaldo,

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Negli ultimi anni dicembre non era stato un mese

I fiori del mare

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Mancavano ancora tre ore al decollo dell’aereo