Negli ultimi anni dicembre non era stato un mese facile per lei. Da quando i genitori erano venuti a mancare, il periodo dell’anno dedicato alle luci e al raccoglimento in famiglia la riempiva di tristezza, ricordandole una realtà tanto amara quando ineluttabile: una parte della sua vita non c’era più e per lei, 45enne figlia unica, si apriva un nuovo ciclo, fatto di routine e abitudini da rodare. A cominciare proprio dalle feste. Gli ultimi due Natali li aveva trascorsi con la famiglia del compagno, circondata da parenti cordiali ma sconosciuti, e tornare al lavoro a gennaio era stato quasi un sollievo. Aveva accolto quindi con sincero entusiasmo l’arrivo di quella nuova collega, assunta da poco e destinata a condividere con lei l’ufficio. “Finalmente una ventata di freschezza”, aveva pensato Marianna stringendo la mano a quella ragazza così giovane e solare.

“Piacere, mi chiamo Livia”, le aveva detto l’altra con un sorriso, ed era bastato quel breve scambio di battute per far sentire entrambe a proprio agio. Livia veniva dalla Toscana, era approdata a Milano da qualche anno per seguire il fidanzato, ingegnere presso una multinazionale. Ogni mattina si sedeva alla scrivania e riempiva l’aria di una fragranza marina e fruttata che Marianna aveva amato fin da subito.
“Si chiama Acqua dell’Elba Classica
”, le aveva detto. “Un profumo che mi ricorda l’estate, i luoghi delle mie vacanze”. Tra loro era scattata una scintilla positiva: entrambe svelte e precise col computer, si occupavano dell’amministrazione con facilità, scambiandosi consigli e confrontandosi. Dopo poche settimane per tutti erano già “Il formidabile duo” e quella complicità, maturata in modo così spontaneo e naturale, così in fretta, un po’ le imbarazzava e un po’ le inorgogliva. La verità è che, malgrado la differenza d’età di oltre dieci anni, per Marianna, Livia non era solo una collega ma un’amica, e la cosa era reciproca. Ogni giorno in pausa pranzo il barista le aspettava, sapeva che le due dipendenti dell’azienda del terzo piano sarebbero scese e avrebbero ordinato un caffè e un ginseng, consumandoli sedute al tavolo accanto alla finestra, chiacchierando del più e del meno. Nessuna delle due aveva figli ma entrambe erano fidanzate: amavano viaggiare, andare al cinema, uscire con gli amici. Gli argomenti non mancavano mai, così come le risate. Osservandole, l’uomo si chiedeva se avesse mai avuto la fortuna di conversare con tanta facilità con qualcuno e la risposta che si era dato erano, i suoi amici dopo qualche birra diventavano molesti e finivano col discutere di politica e guerra, facendogli passare la voglia di parlare.

Marianna e Livia invece avevano il dono della leggerezza e passavano da un argomento all’altro senza mai inciampare nel pettegolezzo o nella polemica, e soprattutto – ed era questa la cosa difficile – senza mai essere superficiali. Fuori dall’ufficio non si incontravano, ognuna aveva il proprio giro di amici, ma forse – questo pensava Marianna – il bello del loro rapporto stava lì, nel piacere di incontrare ogni giorno qualcuno con cui poter essere se stessa, ripartendo da zero, senza mescolare la vita privata con quella lavorativa. Livia sapeva molte cose di lei e lei ne sapeva altrettante di Livia, ma quello spartiacque tra “dentro” e “fuori” permetteva a entrambe di rilassarsi e lasciare fuori dall’ufficio il fardello che la vita quotidiana inevitabilmente porta con sé. Mese dopo mese, alla fine era tornato dicembre, e con esso il conto alla rovescia verso il Natale. Anche quell’anno l’avrebbe trascorso con la famiglia del suo compagno, e l’idea di incontrare quei parenti cordiali, sempre meno sconosciuti, l’atterriva meno dell’anno prima.

Impegnata a decorare l’albero e disporre per la casa candele profumate, ripensava all’anno appena trascorso, a quanto fosse stato meno triste e malinconico del precedente, e a quanto il dolore per la perdita dei genitori avesse cominciato a lasciare spazio alla serenità. La sua nuova vita, senza di loro, non era poi male: aveva un lavoro che le piaceva, un compagno che amava, e stava decorando la sala con fiori e arance essiccate. La fragranza di quelle composizioni le aveva fatto tornare in mente il profumo di Livia, dolce e delicato, come la loro amicizia. Era un profumo che sapeva di mare, di estate, di momenti di solarità, così indispensabili durante il grigiore dell’inverno. Aveva capito che se si sentiva leggera e propositiva era grazie a quella ragazza, al dono della sua compagnia, e sentiva il bisogno di ripagare quel debito di gratitudine con un regalo.

Era uscita di casa ed era andata in profumeria, e il giorno dopo si era presentata a lavoro un po’ prima della collega, lasciandole sulla scrivania un regalo: il Profumatore Acqua dell’Elba Note di Natale, a base di arancia e gelsomino, le note che riempivano la sua sala da pranzo. Quando Livia era arrivata e aveva visto il pacco infiocchettato era scoppiata a ridere: “Non so cosa m’hai comprato – le aveva detto col suo accento toscano – ma anch’io ho qualcosa per te! Aprilo il giorno di Natale, eh! Mi raccomando”, aveva concluso mettendole in mano un pacchettino e un biglietto. Marianna aveva atteso e scartato il pensiero proprio il giorno di Natale, tra una zia e una cugina del compagno, riflettendo su quanto fossero in realtà simpatiche quelle persone. “Ora apro il regalo della mia collega toscana, vediamo un po’ cos’è!”, aveva detto ad alta voce tra la curiosità di tutti.

Avvolto in una carta color verde acqua marina, c’era un flacone del profumo Acqua dell’Elba Arcipelago, con un biglietto: “Non è uguale al mio, ma è bono uguale! Grazie per la tua bella amicizia… è il dono più grande che ho ricevuto quest’anno”.   




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